Esterno
del Convento, Francavilla
<< Qui è
l’aria dove maturano i capolavori», decise il giovane d’Annunzio
quando nel 1888 si rinchiuse in convento per comporre il suo
primo romanzo, e di certo non si sbagliava visto che si trattava
di un convento molto particolare, dove la religione professata
era quella dell’Arte con l’A maiuscola, dove al posto dei frati
abitavano giovani pieni di vita e di entusiasmo in cerca di
nuove espressioni creative. Era in realtà un Convento
cinquecentesco degli Zoccolanti di Francavilla a mare, che
l’allora celebratissimo pittore abruzzese Francesco Paolo
Michetti aveva acquistato nel 1883 dal Comune. Situato di fronte
al mare, sulla sommità di una verde collinetta dai sentieri
tortuosi e stretti " a Francavilla si chiamano ruelle ", il
convento francescano, trasformato da Michetti in una originale
abitazione studio che conserva intatto il candore e la
disposizione dei vani e delle antiche cellette, si rivelò
l’eremo ideale per il futuro Vate.
Statua di Michetti,
Francavilla
Alla fine
dell’Ottocento Francavilla a mare, con i suoi otto chilometri di
arenile, era un centro balneare alla moda che richiamava la
buona società abruzzese, attirata dalla vasta spiaggia, dalle
colline piene di ulivi dove andavano sorgendo ville di lusso,
dalle feste al Club La Sirena e dalla fama crescente di
Francesco Paolo Michetti che si era affermato giovanissimo,
grazie « alla più felice, alla più bella e al tempo stesso alla
più corrotta disposizione artistica », come scrivevano i critici
del tempo alludendo a un eccesso di abilità ostentato dal
pittore abruzzese. Il pubblico era rimasto strabilìato di fronte
alle sue pennellate fresche e vigorose, al gioco audace dei
colori e dei chiaroscuri, al ritmo delle composizioni che dava
un soffio di vita a ogni scena. In breve si guardò a Michetti
come ad un fenomeno: le sue opere, a cominciare dal Corpus
Domini, esposto nel 1877 e definito da d’Annunzio il « Verbo
dipinto » per gli artisti in cerca di nuovo, furono vendute in
tutto il mondo a cifre vertiginose. Ma non era il solo successo
a creare un aura particolare intorno alla figura del pittore
abruzzese: Michetti fu sempre circondato da un alone di mistero
e di magia per le sue continue invenzioni, le sue stravaganze,
la sua filosofia che si avvicinava forse alla teosofia in voga
in quello scorcio di secolo, comunque vagamente esoterica. Fu
considerato maestro di vita oltre che d’arte, moderno nelle
concezioni, antico nell’attacca-mento alle tradizioni; cronista
fedele e al tempo stesso feroce critico nei riguardi della sua
terra di cui nelle
Dannunzio
ritratto dal pittore Michetti
opere denuncia
la povertà, l’ignoranza, le superstizioni. Peccato che le sue
semplici massime, come ad esempio «la bontà è forza», scritte a
matita con calligrafia minuta sulle candide pareti del convento,
siano state cancellate dai lavori di restauro. Ma la sua
straordinaria dimora conserva ancora oggi tutto il suo fascino; già
è un miracolo che la costruzione sia rimasta intatta nella furia
dell’ultima guerra che ha raso al suolo l’intero paese, compreso lo
studio che il pittore si era costruito sulla spiaggia e che veniva
chiamato «Il castello». Ancora oggi si può ammirare il piccolo
chiostro del convento con il pozzo e i rampicanti, lo splendido
giardino che domina il mare, ricco di pini e di oleandri, la
deliziosa finestra a bifora acquistata da d’Annunzio per poche lire,
il vecchio spazioso refettorio dalle volte a crociera dove ora sono
appese le foto d’epoca scattate dal padrone di casa, e infine
l’atelier del pittore con tutti i suoi arnesi e un suo magnifico
autoritratto sul cavalletto. Tutto è rigorosamente bianco in questo
convento sui generis che appartiene ancora agli eredi Michetti e che
si può visitare dietro prenotazione. Appena si entra, l’azzurro del
mare
che penetra magicamente da
un’apertura ad oblò fatta fare dal pittore crea straordinari effetti
di luce. E le tende di tela bianca presentano motivi astratti in
tenui colori pastello disegnati da Michetti stesso. In questo
piccolo regno d’artista tutto era voluto, ideato, costruito da lui:
dai mobili di legno grezzo con sportelloni e cassetti, agli utensili
e agli arnesi di lavoro. Percorrendo i corridoi, entrando
nell’atelier, si ha l’impressione che Michetti stia ancora li a
dipingere con la sua solita foga; dipingeva dappertutto, sulle
cornici larghe e scure dei suoi quadri, sui cristalli che proteggono
le pitture, su tele immense, lunghe sette metri, dove la scena si
srotola orizzontalmente come in una pellicola cinematografica.
Esemplare è Il Vuoto, uno dei grandi capolavori michettiani che si
può ammirare nella Galleria d’Arte Moderna a Roma. Ospitale e
generoso, Michetti destinava le piccole celle del piano superiore
agli amici, tutti artisti, tutti creativi diremmo oggi: poeti,
pittori, scultori e musicisti che le riempivano di colori, di creta,
di note. In una di queste celle, arredata da d’Annunzio con un
divano, tappeti persiani e voluttuosi cuscini di broccato che gli
ricordavano Barbarella, l’amante di turno, il poeta scrisse i suoi
più celebri romanzi: Il Piacere, L’innocente, 11 Trionfo della
Morte. « Devo resistere usque ad finem, con spirito lucido e
resistenza fisica », ripeteva agli amici quando si riunivano per il
pasto serale. Era, quella, l’unica regola del convento: ritrovarsi
tutti insieme intorno alla mensa apparecchiata d’estate sulla
terrazza che guarda verso la campagna, sotto un pergolato, ornata
con girasoli e piccole arance selvatiche. Era quello il momento
della distensione, dello
scambio di idee e di esperienze maturate durante la giornata di
lavoro; dopo la cena si cantava, si disegnava, si discuteva della
nuova moda preraffaellita importata dall’Inghilterra. In questa
dimora dal clima oltremodo stimolante, d’Annunzio porta a termine
agli inizi del 1889, « fra gli ultimi stornelli della messe e le
prime pastorali delle neve » il romanzo Il Piacere. « Ciccio
Michetti veglia come un cerbero alla mia porta », scrive ad un
amico.
Enio, Mostra Michetti,
Francavilla 08-agosto-2000
«
In verità io non farò nulla lontano dal Convento ». Ed in effetti è
li, lontano dalla famiglia, dai creditori, dalle preoccupazioni
della vita romana, che il poeta torna a rifugiarsi ogni volta che
deve comporre. Appartato dal mondo, di fronte al suo Adriatico
«fatato», a quel mare calmo,
Quadro di Michetti,
Francavilla 08-agosto-2000
« ondeggiante come un
drappo di seta antica », ritrova la pace interiore necessaria per
proseguire sulla via dell’arte. Ogni volta che mette fine ad una sua
opera, Michetti, in segno di festa, fa suonare la campana del
convento. Ma non sempre la clausura giova al focoso Gabriele:
innamorato della bella Barbara, preso dalla disperazione per la
lunga astinenza, nel luglio dell’89 ha una vera e propria crisi di
nervi; confessa a Michetti il suo amore per la giovane donna che lo
aspetta a Roma, e il pittore, da vero amico, gli va a prendere
l’amante e gli trova una casetta a San Vito Chietino - un « eremo
rustico» privo di comodità ma situato sul promontorio di sogno -
dove d’Annunzio può passare due mesi con la sua bella. L’episodio lo
racconta il poeta stesso nel suo Libro segreto. Ma quei due mesi,
descritti fedelmente nel Trionfo della Morte, non sono dedicati
all’amore: in realtà d’Annunzio a San Vito lavora sodo, correggendo
poesie e tenendo un diario con appunti preparatori al romanzo; non
solo, al momento dell’addio si fa consegnare da Barbara Leoni tutte
le lettere che le ha scritto e che devono costituire il tessuto
dell’opera futura. La storia del Vate che appena finito un amplesso
corre al tavolino a registrarlo fedelmente trova qui una conferma
inequivocabile.Con il finire del secolo finisce per il poeta l’epoca
del Convento di Francavilla: il nuovo, ben più lussuoso eremo
dannunziano sarà la Capponcina, a Settignano, accanto a Eleonora
Duse. Michetti intanto vende tutti i suoi quadri con il proposito di
rinnovarsi totalmente; si dedica sempre più alla fotografia che lo
assorbe quasi completamente. Scatta migliaia di foto di
straordinaria bellezza e sarà tra i primi ad accogliere
« l’arte veloce » - così
d’Annunzio definì il cinema - girando negli ultimi anni nella sua
vita due pellicole.
NeI 1906 riceve la visita del re
in persona, è nominato senatore, ma vivrà sempre più isolato dal
mondo artistico del tempo. Non lascerà mai la sua Francavilla, il
suo piccolo regno dove vive con la moglie Annunziata e i figli,
Giorgio, Sandro e Aurelia. La sua amicizia con d’Annunzio durerà per
tutta la sua vita, fino alla morte avve-nuta nel 1929.
Cliccando sulle
immagini sottostanti si ottengono le stesse ingrandite
|